Ho un vulcano nella pancia (parte prima)
Ho un vulcano nella pancia
Affrontare la rabbia e gestire positivamente l’aggressività (prima parte)
“Non possiamo proporci né decidere di adirarci, l’ira ci assale, ci attacca, dall’ira siamo “affetti”. Quest’attacco è improvviso e impetuoso; il nostro essere si agita al modo dell’eccitazione; l’attacco si sovreccita, cioè, ci trasporta al di là di noi stessi… Così l’ira la chiamiamo anche Unwille, che significa un’indignazione che ci fa andare fuori di noi, ma in modo tale da non portare noi stessi con noi come nella volontà, ma per così dire, da perderci…”
Nietzsche in Heidegger
“Ero furioso verso il mio amico. Gli ho espresso la mia collera ed essa è svanita.
Ero furioso con il mio amico. Ho taciuto e la mia collera è aumentata”
W. Blake
La rabbia è una delle emozioni di base, insieme a paura, tristezza, gioia, disgusto e sorpresa.
Considerati gli antecedenti caratteristici, le manifestazioni espressive, le modificazioni fisiologiche viene indicata come un’emozione fondamentale, tra le più precoci.
L’espressione della rabbia, in particolar modo in età adulta, è mediata attraverso modalità socialmente accettabili e per lo più codificate, evitando così di trasformarsi in azioni nocive contro se stessi, gli altri o gli oggetti circostanti.
La possibilità di arrabbiarsi è determinata da due fattori:
- l’inclinazione personale (predisposizione o meno all’ira)
- lo stato d’animo appena prima della situazione critica.
Vi sono persone contraddistinte da una spiccata tendenza alla rabbia: ciò è dovuto sia a cause genetiche, sia a cause socioculturali e familiari.
Solitamente tendiamo ad arrabbiarci con un’altra persona che riteniamo responsabile di qualcosa che ci ha provocato un danno o un fastidio; è fondamentale l’attribuzione di responsabilità nei confronti di chi riteniamo essere un autore cosciente e volontario dell’evento spiacevole.
Qualora sia impossibile attribuire responsabilità causali nei confronti di altre persone o eventi, la nostra rabbia sarà liberata verso entità terze oppure contro noi stessi.
Generalmente e paradossalmente le persone più soggette ad essere investite da reazioni colleriche sono quelle che più si amano, sia perché le nostre aspettative nei loro confronti sono molto elevate, sia perché sappiamo che, in virtù del loro amore, non si vendicheranno.
Chiare ed evidenti sono le modificazioni fisiche dell’ira: modificazioni del volto (ad esempio, sopracciglia aggrottate, rossore del volto, sguardo intenso…), voce strozzata o stridula, aumento del battito cardiaco e della respirazione, sudorazione, irrequietezza, difficoltà a deglutire, bruciore allo stomaco.
Esistono numerosi meccanismi di difesa per fronteggiare la rabbia, come la negazione o il rifiuto di riconoscere che siamo arrabbiati.
In questi casi la rabbia si orienta verso altre vie, come i sintomi fisici.
Esiste anche l’aggressione passiva, intesa come forma mascherata, velata, per evitare le ritorsioni, come accade nel sarcasmo e nella non collaborazione.
Altro meccanismo di difesa è la paranoia, in cui la rabbia non riconosciuta come propria viene proiettata sugli altri.
È fondamentale imparare a riconoscere le manifestazioni della rabbia, comprendendo che essa è un’emozione basilare, che non può e non deve essere rimossa o repressa, ma sentita propria della sfera emotiva e per questo degna di grande attenzione e travaglio di auto-analisi col fine di essere controllata.
Solo in questo modo la rabbia potrà divenire forza positiva di cambiamento e di costruzione e non azione brutale, cieca e pericolosa per noi stessi e per gli altri, specialmente quando questi altri sono le persone amate.
Segue la seconda parte
Ho un vulcano nella pancia
Aiutare i bambini ad avere un buon concetto di sé
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